Il fasciocomunista by Antonio Pennacchi

Il fasciocomunista by Antonio Pennacchi

autore:Antonio Pennacchi
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-05-16T04:00:00+00:00


10 non avevo capito tanto bene e loro erano parecchi di più, però gli ho detto uguale: “Ce l’hai con me?“. Ero preoccupato, ma sono sceso dalla macchina. Uno dei fratelli Cataldo, il piccolo, s’è fatto avanti rassicurante: “No no, non ce l’ha con te“.Il Calabrotto invece, quando ha visto che oramai c’era il Cataldo pronto a dividerci, s’è messo a urlare: “Sì sì, ce l’ho proprio con te”, e si faceva reggere. Così si sono avvicinati tutti gli altri, pure i miei, e io freddo – cioè: sembravo freddo e tutti dopo dicevano: “Ahò, sei freddo come il Bava“, ma in realtà ero pieno di paura: non ero freddo, ero ghiacciato – io freddo dicevo: “Lasciatelo venire”.

Cataldo faceva ai suoi: “Ma no, Benassi è un bravo ragazzo“ come a proteggermi e a convincere loro, è in buona fede”, e la cosa si è calmata. E ce ne siamo andati.

Poi una domenica, all’Adriano, a una manifestazione con Michelini, ci siamo affrontati. Loro stavano sui palchetti centrali, al secondo o terzo piano, e hanno cominciato a rumoreggiare e a lanciare qualche urlo contro il segretario. Noi siamo andati tutti là e appena aprivano bocca facevamo: “Duce / Duce / Duce“ e tutto il cinema strillava appresso a noi. A loro non li stava a sentire più nessuno. Poi la manifestazione s’è sciolta e noi abbiamo fatto cordone ai lati delle scale, loro scendevano in mezzo e li abbiamo accompagnati fuori così. Insultavano in tutti i modi: “Bavosi“ ci dicevano. I Cataldo e i più istruiti: “Pretoriani! Guardie Bianche di Michelini”. Gli altri: “Infami, venduti“, e sempre: “Bavosi” e spintoneggiavano. Il Bava non voleva che sorgessero complicazioni, faceva solo segno con la mano ai capi loro, ruotando l’indice come a dire: “Ci vediamo dopo, ci vediamo un’altra volta“. Vicino a me c’era Stefano, il catanese, che ha tirato fuori dal giubbino il coltello a scatto e lo ha appoggiato in mezzo alle gambe al Calabrotto: “Te tagghio o culu” e quello è rimbalzato indietro. Il Bava ha sibilato: “Metti via quel coso“, e aveva uno sguardo gelido. Era pieno di rabbia ancora tutto il pomeriggio, fino a sera. Questa la pagano” diceva.

Dopo due o tre giorni siamo andati a trovarli. Saremo stati sette od otto macchine e un pulmino. Eravamo tutti i soliti, più qualcun altro che non avevo mai visto. Erano gente un po’ più anziana, uno coi capelli bianchi, che faceva il pescia-rolo e il Muriatico lo trattava con sussiego, con rispetto, quasi con timore, tutto contento che quello gli parlasse da pari a pari. Era più alto di me, coi capelli bianchi e lisci pettinati all’indietro come mio padre, ma con uno sguardo che non era quello di mio padre. Erano gente dura, dei primi tempi del Bava, che adesso facevano altro ma che in casi estremi, estremi rimedi.

Siamo andati con le macchine al Colle Oppio. La sezione era chiusa. Saranno state le cinque o le sei del pomeriggio. Abbiamo gironzolato lì davanti per un’ora. Al bar ci hanno detto: “Strano: a quest’ora tutte le sere è sempre aperto, stanno sempre qua“.



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